Al momento stai visualizzando Il consumo sostenibile e il consumismo. La moda ecostenibile: un’ opportunità per aiutare il pianeta e salvaguardare le generazioni future

​Il consumismo è un fenomeno sempre più diffuso nei paesi maggiormente sviluppati e consiste nel bisogno/desiderio di accaparrarsi sempre nuovi beni e prodotti di consumo.

Questa corsa sfrenata agli acquisti è in buona parte causata da continue e pressanti campagne pubblicitarie che tendono a farci apparire indispensabili dei bisogni che magari non sono poi così tanto impellenti, anzi tali bisogni spesso sono fittizi: tutto ciò solo per incrementare la produzione.

Tutto ciò comporta tuttavia degli effetti negativi, primo fra tutti l’inquinamento e lo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali presenti sul pianeta.

Il consumismo rappresenta il principale nemico della tutela ambientale: se si producono sempre nuovi beni, oltre che i costi della produzione e dell’inquinamento derivante dai processi produttivi, bisogna considerare che ciò che si possedeva diventa un surplus, uno scarto. Diventa un rifiuto non perché è vecchio o rotto ma solo perché è superato o non più “di moda”.

Per fare un esempio di consumismo basta pensare al nostro abbigliamento: l’industria della moda è una delle tante fonti di inquinamento e molto spesso sottovalutiamo l’incisività in termini di sostenibilità.

Si stima che in Occidente compriamo abiti per il 400% in più che venti anni fa: in questi venti anni gli indumenti sono diventati sempre più economici e  di qualità inferiore: le persone quindi sono indotte a comprare sempre più abiti che vengono conservati per un brevissimo periodo.

Non a caso,  negli anni ’90 è stato coniato il termine “fast fashion” (moda veloce) che sta ad indicare la prassi di produrre vestiti economici in tempi estremamente rapidi e questo ha certamente comportato un aumento delle emissioni di gas serra, produzione di rifiuti e sfruttamento dei lavoratori.

La fabbricazione ed il trasporto dei capi di abbigliamento si fonda su numerose risorse naturali ed umane, che sono per definizione limitate. L’industria della moda è quasi completamente dipendente dall’utilizzo di combustibili fossili e dalla necessaria manodopera.

Basti pensare che la produzione di un paio di jeans si estende per 4 continenti e le varie componentistiche con cui viene realizzato un jeans possono viaggiare fino a migliaia di chilometri, con un evidente impatto diretto sull’ambiente. Per fortuna negli ultimi anni si è iniziato a prendere coscienza del problema e a parlare di moda ecosostenibile.

Riciclare abiti usati è una tendenza nata non soltanto dalla necessità di risparmiare, ma soprattutto dal desiderio di dare il proprio contributo in un’ottica di sostenibilità.                                                                                                   

Si stima, infatti, che ogni anno vengano scartate più di diecimila tonnellate di vestiti: un vero spreco, che impatta non soltanto sulle tasche dei consumatori, ma anche sull’ambiente.uno dei punti chiave della moda ecosostenibile è la scelta delle materie prime da impiegare.                                                          

Anche la tutela degli animali e la scelta di materie prime ecologiche sono diventati punti chiave  della moda sostenibile, basti pensare che negli ultimi anni si punta a non utilizzare materie di derivazione animale (pellicce, pelle, ecc.) e a privilegiare altre materie la cui produzione e lavorazione impatta in misura inferiore sull’ambiente, che non necessitano l’uso di sostanze tossiche durante la produzione e l’emissionedi carbonio.                                                                                                                                           

La maggior parte degli indumenti che indossiamo sono di cotone e/o fibre sintetiche che hanno un enorme impatto ambientale. Per fare un esempio, una piantagione di cotone, oltre ad utilizzare un elevato  sfruttamento di acqua, utilizza anche grandi quantità di pesticidi e prodotti chimici agricoli. L’uso di tali sostanze possono influire negativamente anche sulla salute dell’uomo poiché possono sviluppare sulla pelle patologie che possono emergere  anche a distanza di molto tempo.

La legislazione europea è intervenuta sull’argomento fissando delle limitazioni sull’utilizzo di alcune sostanze alcune potenzialmente cancerogene e in grado di intaccare il sistema ormonale.La produzione di tessuti sintetici come nylon o poliestere genera molte sostanze tossiche, primo fra tutti ossido di azoto un gas serra molto più pericolo del biossido di carbonio e il riversamento di micro plastiche nelle falde acquatiche e nei sistemi idrici.

La moda ecosostenibile tuttavia è più costosa e per questo viene surclassata dalla fast fashion perché quest’ultima riesce a soddisfare in tempi rapidissimi  i  gusti sempre mutevoli dei consumatori ed è molto difficile modificare le abitudini di vita.Non tutto è perduto! Esistono diversi progetti portati avanti da giovani imprenditori e case produttrici che puntano sull’ecologia eliminando le sostanze tossiche, sulla riconversione della produzione e recupero di materiale riciclato, spesso valorizzando ed aiutando anche  il lavoro di persone in difficoltà nel reinserimento nel mondo lavorativo.

Di seguito sono riportati alcuni consigli e spunti di riflessione:

  • non permettere al marketing e alla pubblicità di farti credere che hai bisogno di tutti quei vestiti;

  • facciamo attenzione a ciò che compriamo: spesso dietro ad un abito a basso costo si nasconde una realtà fatto di lavoro sommerso o sfruttamento del lavoro. Dietro all’acquisto dell’ultimo paio di pantaloni potrebbe nascondersi il lavoro di un minore sfruttato o di una donna vittima di soprusi e condizioni lavorative disumane;

  • non gettare i vestiti nell’indifferenziato. Tutto può avere una seconda vita: cerchiamo dei punti di raccolta che sono presenti nelle città o presso parrocchie o associazioni di beneficenza e portiamoli lì (sicuramente ci saranno delle persone meno fortunate di noi che potranno riutilizzarli);

  • chiedi il cambiamento cambiando tu per primo le tue abitudini. L’economia circolare è anche questo: un circolo virtuoso che può iniziare anche dalla base per arrivare al vertice.

S. B. 

Foto di Clker-Free-Vector-Images da Pixabay 

“Realizzato nell’ambito del Programma generale di intervento della Regione Emilia Romagna con l’utilizzo dei fondi del Ministero dello Sviluppo Economico. Ripartizione  2018.”
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