Al momento stai visualizzando Saper leggere le etichette salva i consumatori e (anche) gli animali

​Approfondire, leggendo un articolo, il tema “leggere le etichette” è forse una delle cose più noiose che una persona possa fare.

E perché è così noiosa? Forse perchè non abbiamo idea di quante cose e di quante vite ci siano dietro ad una etichetta, in questo caso specifico, una etichetta alimentare.

Ci sono poi alcune etichette che nemmeno sembrano delle vere etichette, ad esempio quelle delle uova. Sono codici, messi in fila uno dietro l’altro, a volte sono addirittura stampati sullo stesso guscio.

Ecco, le uova, il consumo e la produzione di questo alimento di origine animale, hanno una filiera che può essere davvero molto diversa e tale diversità si basa al 100% sulle condizioni di vita degli animali che le producono: le galline ovaiole.

Il modo in cui vivono, quello che mangiano, le malattie delle quali si ammalano, le medicine con le quali vengono curate, o vaccinate, tutto questo entra nei nostri corpi quando ci facciamo una frittata, o se siamo in Emilia Romagna, ogni volta che mangiamo della pasta all’uovo, cosa che dalle nostre parti capita quasi tutti i giorni.

In Emilia-Romagna, infatti, sono presenti numerosi allevamenti avicoli, in particolare in Romagna, ma anche centri di imballaggio delle uova, macelli e industrie di trasformazione. Del totale della produzione avicola italiana, circa il 21% è attribuibile alla Regione Emilia-Romagna (fonte Nomisma – L’avicoltura italiana: un modello sostenibile e di integrazione di filiera nel settore delle carni – giugno 2016). Sono 229 gli allevamenti di galline ovaiole sul territorio regionale (fonte Banca Dati Nazionale delle aziende zootecniche (BDN) – giugno 2018). Se a livello nazionale il peso della produzione agricola generata dagli allevamenti avicoli si attesta all’8,5%, in Emilia-Romagna arriva fino al 14%. Rispetto alla produzione nazionale la nostra Regione raggiunge circa il 21% per le uova (2,7 miliardi);

Siamo quindi anche dei produttori oltre che dei consumatori di questo sano alimento, ma – tornando al punto- come scegliere? Quale differenza c’è tra la dicitura “galline allevate a terra” e “all’aperto”? Come facciamo a sapere se vengono da uno dei numerosi allevamenti regionali o da chissà quale altra parte del mondo.

La prima cosa che dobbiamo imparare è distinguere i vari tipi di allevamento. Ne esistono 4 diverse tipologie:

produzione biologica (0)

all’aperto (1)

a terra (2)

in gabbia (3)

Il tipo di allevamento è il primo dato che l’etichetta delle uova ci fornisce. E’ identificato da un numero (da zero a tre) ed è il primo numero che comporrà il codice sulle nostre uova.

Ma quali differenze esistono tra i vari tipi di allevamento?

Adesso sappiamo riconosce delle uova che vengono da un allevamento di tipo 0 o di tipo 3, ma tra i vari tipi di allevamenti quali differenze ci sono?

Gli allevamenti in gabbia erano gli unici esistenti fino ai primi anni 2000. La quasi totalità delle galline veniva allevata in batteria, in semplici gabbie, con spazi della dimensione di un foglio A4 per singola gallina. A seguito della direttiva 1999/74/CE lo spazio minimo per ogni gallina è stato aumentato.

La direttiva ha stabilito che siano disponibili in ogni gabbia secondo misure stabilite:

un nido isolato, in cui deporre l’uovo;

un posatoio, dove potersi appollaiare per riposare,

una lettiera,

un dispositivo per poter accorciare le unghie.

Inoltre, devono esserci abbeveratoi e mangiatoie con acqua e mangime sempre a disposizione, che consentano di nutrirsi senza competizioni per il cibo. La superficie inclinata delle gabbie consente la raccolta automatica delle uova, che vengono subito trasportate dai nastri fino al centro di selezione e confezionamento.

L’allevamento a terra “libera” al chiuso tutte le galline. Invece che vivere all’interno di una gabbia, saranno libere di circolare. Ci teniamo però a mettere una fotografia di un allevamento a terra, perché sia chiaro cosa si intende con “al chiuso e senza gabbia” .

La produzione all’aperto libera le galline non solo dalle gabbie ma dalle quattro mura che le circondano e dal tetto. Vedono il susseguirsi delle giornate, il cielo, il sole, sentono la terra sotto le zampe. Sono comunque ammassate, sottoposte ad un ciclo di vita accelerato sulla base delle esigenze del mercato.

La produzione biologica all’aperto, infine, è certamente quella che ci consente di consumare un prodotto che non è fonte di una forzatura violenta della natura. Gli animali sono liberi, all’aperto, non sono ammassati e il loro ciclo vitale è più naturale.

Tornando al nostro codice.

Dopo il codice identificativo dell’allevamento si trova la sigla della nazione nella quale sono state prodotte. Ovviamente, per l’Italia, ci sarà la sigla IT.

A seguire saranno indicati, tramite codifica, il comune dell’allevamento e la provincia. Infine l’allevamento di produzione. Certo, grazie al primo codice sappiamo già quale sia il tipo di allevamento, ,a questo codice finale ci dice esattamente di chi stiamo parlando, rendondo possibile risalire al nome dell’allevamento specifico.

Lucia Lusenti 

Realizzato nell’ambito del Programma generale di intervento della Regione Emilia Romagna con l’utilizzo dei fondi del Ministero dello sviluppo economico. Ripartizione 2018
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