Al momento stai visualizzando Obsolescenza programmata e diritto alla riparazione: una sfida per consumatori e ambiente

Negli ultimi anni si è parlato sempre più spesso di obsolescenza programmata, una pratica con cui le aziende progettano i loro prodotti in modo da ridurne artificialmente la durata. Il fenomeno non riguarda solo la tecnologia, ma anche elettrodomestici, automobili e persino capi di abbigliamento. Lo scopo è chiaro: spingere il consumatore a sostituire il bene con uno nuovo, alimentando un ciclo continuo di acquisti.

Le modalità possono essere diverse. Si va dall’obsolescenza tecnica, quando un componente fragile si rompe e non può essere sostituito, a quella software, frequente nel settore degli smartphone, dove aggiornamenti rendono i dispositivi sempre più lenti. Senza dimenticare l’obsolescenza estetica, che induce a percepire come “obsoleto” un oggetto perfettamente funzionante solo perché è uscita la versione nuova, più accattivante o alla moda.

Le conseguenze non si limitano al portafoglio del consumatore. Ogni anno tonnellate di rifiuti elettronici finiscono nelle discariche, spesso in Paesi in via di sviluppo, con gravi ripercussioni ambientali e sociali. Inoltre, la continua domanda di materie prime, come i metalli rari necessari per la produzione dei dispositivi elettronici, comporta costi ambientali enormi e spesso implica condizioni di lavoro difficili nelle miniere.

Proprio per contrastare questi problemi, in Europa si sta facendo strada il concetto di diritto alla riparazione. L’idea è semplice ma rivoluzionaria, ovvero dare ai consumatori la possibilità concreta di riparare i propri beni, prolungandone la vita utile. Ciò significa garantire l’accesso a pezzi di ricambio a prezzi ragionevoli, fornire manuali di riparazione chiari e impedire pratiche scorrette come i blocchi software che ostacolano l’uso di componenti di terze parti.

Dal 2021, l’Unione Europea ha introdotto norme che obbligano i produttori di elettrodomestici a rendere disponibili i ricambi per diversi anni dopo l’acquisto. Più di recente, il Parlamento Europeo ha approvato ulteriori misure per estendere queste garanzie a dispositivi tecnologici come smartphone e tablet, tradizionalmente tra i prodotti più colpiti dall’obsolescenza programmata.

Anche in Italia il tema è molto sentito. Le sanzioni inflitte dall’Antitrust ad alcuni grandi produttori di dispositivi elettronici a causa degli aggiornamenti che rallentavano i telefoni, hanno rappresentato un punto di svolta nella consapevolezza dei consumatori. Stanno nascendo realtà locali come i repair café, laboratori aperti dove cittadini e tecnici collaborano per ridare vita a oggetti destinati al cestino.

Il diritto alla riparazione non è quindi soltanto una questione normativa: rappresenta un cambiamento culturale. Significa educare a un consumo più consapevole, lontano dalla logica dell’“usa e getta”, e promuovere un modello di economia circolare in cui i beni durano più a lungo, vengono riutilizzati e riparati, riducendo l’impatto ambientale e creando nuove opportunità occupazionali.

In un mondo dove l’innovazione corre veloce, è necessario trovare un equilibrio tra progresso e sostenibilità. Contrastare l’obsolescenza programmata e rafforzare il diritto alla riparazione non è solo una tutela per i consumatori, ma una sfida fondamentale per il futuro del pianeta.

S.M.
Finanziato nell’ambito del programma della RER con fondi MIMIT D.M. 31/07/2024 e D.D. 14/02/2025

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