La teoria degli antiossidanti
Abbuffarsi di mele, pere, pomodori e carote fa bene a tutti, ma per qualcuno potrebbe diventare un’arma in più per limitare i danni. Fin qui nulla di nuovo. Questa osservazione già 20 anni fa è stata la base su cui è stata costruita la teoria degli antiossidanti, secondo la quale un gruppo di composti presenti in abbondanza in frutta e verdure, tra cui vitamina A e C, aiutano a prevenire diabete, cancro, malattie neurovegetative, malattie infiammatorie croniche e patologie cardiovascolari.
Oggi, però, una ricerca italiana ha messo in fila tutti i dati scientifici esistenti. E ha scoperto che l’azione antiossidante degli alimenti di origine vegetale è molto più efficace in soggetti affetti da patologie, fumatori accaniti o persone con fattori di rischio cardiovascolare, come ipertensione e iper-trigliceridemia, piuttosto che in soggetti sani.
Lo studio, che raccoglie e mette in relazione la totalità delle evidenze scientifiche in materia, è stato appena pubblicato sulla rivista “Current Topics in Medicinal Chemistry”. Gli autori, guidati dal biologo Mauro Serafini, ricercatore dell’Inran (Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione), hanno analizzato tra l’altro le molto discusse capacità antiossidanti dei polifenoli, sostanze presenti in grande quantità in molti vegetali ma soprattutto in soia, tè, vino e cioccolato, per verificarne la reale efficacia nell’uomo.
Il risultato in questo caso non ha sciolto tutti i dubbi. Nonostante sui media rimbalzino in continuazione notizie che esaltano gli effetti salutari dei polifenoli e quindi a turno degli alimenti che li contengono, in letteratura scientifica non sono ancora stati raccolti dati che evidenzino il nesso di causa-effetto tra ingestione di polifenoli attraverso il cibo, loro assorbimento nel sangue e rafforzamento delle capacità antiossidative dell’organismo attraverso l’inibizione dei radicali liberi, i responsabili dell’aggressione ossidativa e quindi dell’invecchiamento delle nostre cellule.
Elisir di lunga vita?
Soprattutto d’estate, su quotidiani e riviste è un pullulare di informazioni straordinarie e parziali sui benefici effetti dei polifenoli, o più in generale di tutti gli antiossidanti. Dal tè rosso anti-age ai semi d’uva e al vino contro l’Alzheimer, fino ai frutti di bosco ricchi di flavonoidi, cioè di polifenoli, e quindi eccellenti per la cura del cuore e per la prevenzione del cancro.
Ma ciò che si conosce di questi composti è ancora troppo limitato per giungere a conclusioni del genere. In particolare, spiegano i ricercatori italiani, la scarsa biodisponibilità dei polifenoli, cioè la loro limitata concentrazione negli alimenti, la presenza di molteplici metaboliti non identificati, cioè la scarsa conoscenza delle molecole frutto della loro trasformazione attraverso il metabolismo, e la bassa concentrazione nei fluidi biologici come il sangue, fanno sorgere molti dubbi su un loro ruolo antiossidante diretto, lasciando spazio a ipotesi alternative che sono ancora oggetto di studio. Insomma, se davvero i polifenoli funzionano da “elisir di lunga vita” nessuno sa davvero come ci riescano.
“La scienza parla solo con i numeri”
“Io non credo al superfood che risolve tutti i problemi. La ricerca in questo campo serve a comprendere le necessità dell’organismo per evitare falsi miti e sovradosaggi e per mettere a punto una ‘dieta antiossidante funzionale‘ che limiti cioè gli agenti di stress a cui siamo sottoposti”.
A parlare è Mauro Serafini, ricercatore e responsabile del Laboratorio antiossidanti dell’Inran, coautore dell’ultimo studio pubblicato in materia sulla rivista “Current topics in medicinal chemistry”. Il giudizio del biologo è una stoccata per i tanti articoli di giornale che esaltano questo o quel superalimento, elencandone le doti curative senza approfondire i meccanismi con cui funziona. “La scienza parla solo con i numeri”, ribadisce con decisione.
Dottor Serafini qual è l’obiettivo del vostro studio?
Abbiamo rivisitato le ricerche pubblicate per capire l’apporto degli alimenti di origine vegetale sulla capacità antiossidante del plasma e per valutare in questo processo il contributo dei composti polifenolici.
Quali sono le evidenze più importanti?
Dai dati ottenuti si evince che mangiando alimenti vegetali si produce un effetto positivo sulle difese antiossidanti endogene. Queste difese aumentano 7 volte su 10, quando l’esperimento si fa su soggetti che hanno fattori di rischio per malattie cardiovascolari; 4,5 volte su 10 quando si ha a che fare con soggetti sani. E nella ricerca che pubblicheremo in autunno questa conclusione si rafforza: l’efficacia degli antiossidanti su chi è affetto da patologie o evidenzia fattori di rischio è il triplo rispetto agli altri.
Solo chi fuma o ha il colesterolo alto deve mangiare tanta frutta e verdura?
È chiaro che seguire una dieta a base di frutta e verdura, come quella mediterranea, fa sempre bene, ma evidentemente fa meglio a chi vive uno stress ossidativo. Come se l’organismo sapesse di aver più bisogno di antiossidanti quando si trova in condizioni stressogene.
Allora perché non assumere antiossidanti attraverso integratori alimentari ad alte concentrazioni?
Studi clinici hanno evidenziato come la supplementazione con integratori antiossidanti a dosaggi molto elevati (rispetto alle raccomandazioni nutrizionali) e per periodi molto lunghi (anni) può portare a effetti indesiderati che hanno fatto terminare prima del previsto gli studi clinici, famoso il CARET sul beta carotene . Inoltre non sempre hanno mostrato benefici sostanziali. Il discorso è più complesso. Sappiamo che gli antiossidanti proteggono l’organismo; sappiamo che fa male assumerne troppi attraverso gli integratori, mentre ingerirli attraverso il cibo non ha controindicazioni; sappiamo che la dieta a base di frutta e verdura stile mediterraneo od orientale funziona nella prevenzione, ma non conosciamo il meccanismo d’azione di questi alimenti. Possiamo dire che possono essere antiinfiammatori, antiossidanti, avere effetto benefico sul sistema immunitario e sulla funzionalità cardiovascolare, però poi come e quali composti siano i veri responsabili di tutto ciò è ancora oscuro.
Quando il cibo assomiglia a una medicina
I giornali di questa estate hanno spesso “sparato” grandi titoli sulle proprietà di alcuni cibi. Basandosi, quasi sempre, su studi pubblicati su riviste autorevoli qualificate.
Ecco una sintesi degli ultimi “superalimenti”, compreso il pomodoro italiano ricco di licopene su cui, però, non ci sono ancora studi “ufficiali”.
Semi magici
I polifenoli contenuti nei semi d’uva, già conosciuti per le loro proprietà antiossidanti, aiutano la prevenzione e rallentano la progressione del morbo di Alzheimer. Da uno studio pubblicato dal Journal of Alzheimer’s Disease e coordinato da Giulio Maria Pasinetti della Mount Sinai School of Medicine di New York.
Frutti anticancro
I frutti di bosco contengono ferro e antiossidanti cioè flavonoidi in grado di proteggere il cuore, prevenire il cancro, rallentare i segni dell’invecchiamento ed evitare numerose infezioni all’intestino. Da uno studio italiano effettuato dai ricercatori dell’Università di Parma e pubblicato sul British Journal of Nutrition.
Il “mirtillone” sudamericano
Fra le primizie estive si nasconde un tesoro inaspettato: si tratta di due specie di mirtillo che potrebbero aggiudicarsi il titolo di “superfrutto” per il loro elevato contenuto di antiossidanti.
Fra le cinque specie di mirtillo analizzate dai ricercatori, Cavendishia grandifolia e Anthopterus wardii, entrambe originarie delle foreste delle Ande, nascondono quantità di antiossidanti 2-4 volte superiori rispetto ai mirtilli disponibili sul mercato. Da uno studio pubblicato sul Journal of Agricultural and Food Chemistry.
Tè rosso per il cuore
Il tè rosso sembra essere un vero e proprio elisir di lunga giovinezza. L’infuso si ricava da un arbusto chiamato Red Bush (in boero Rooibos) che appartiene alla famiglia delle leguminose e non contiene né teina né caffeina. Contiene 9 diversi tipi di flavonoidi, ovvero antiradicali, di cui quattro particolarmente potenti: la quercetina, la luteolina, l’isoquercetina e la rutina, e aiuta a tenere sotto controllo l’ipertensione. Scienziati giapponesi hanno inoltre scoperto il flavonoide aspalathin (un potente antiossidante), che attualmente non è stato ritrovato in nessun altro alimento. Da una ricerca dell’Inran pubblicata su “Food Chemistry”.
Un pieno di licopene
Si tratta di pomodori naturalmente ricchi di antiossidanti e con un contenuto di licopene tre volte superiore rispetto alle varietà di pomodoro vendute per il consumo fresco e più elevato del 58% rispetto a quelle coltivate per la trasformazione. Secondo numerosi studi scientifici il licopene risulta essere un antiossidante efficace contro l’invecchiamento, nella prevenzione delle malattie cardio-vascolari e anche dei tumori alla prostata. Da un comunicato di Coldiretti.
(Articolo di Consumer – il portale dei consumatori della regione Emilia – Romagna)