Diverse sono le segnalazioni giunte nel tempo a Federconsumatori sul tema degli acquisti a “KM 0”:

Recentemente una signora si fermava in una delle molte aree nelle quali i contadini della nostra provincia vendono prodotti agricoli. Nella grande struttura prefabbricata acquistava delle fragole e diverse primizie, tra le quali albicocche e pesche. La signora era cosciente che i prezzi fossero alti, persino superiori a quelli del supermercato che frequenta; la differenza è però che si trattava di prodotti a km 0 che il contadino coltivava nei suoi terreni, dietro il grande spaccio. La merce veniva quindi confezionata in una cassetta di cartone; quando la signora arrivava a casa scopriva che si trattava di una cassetta di pesche spagnole, con tanto di etichetta di qualche giorno prima, e che proveniva da un mercato ortofrutticolo. Quindi molto probabilmente il campo di coltivazione, almeno delle pesche, era distante 1500 km dal campo del contadino (nel modenese in questo caso).

Qualche tempo dopo un signore, in altra parte del territorio acquistava un cocomero in un baracchino ai margini di un campo. Anzi, siccome il prezzo era elevato acquistava soltanto mezzo cocomero. A casa scopriva che il venditore aveva lasciato una porzione di etichetta, che faceva risalire la provenienza del cocomero ad un ipermercato molto vicino al campo. Nel passaggio verso il campo il prezzo era però raddoppiato. In questo caso la promessa di Km 0 era rispettata, ma si riferiva alla distanza tra il modesto spaccio ed il grande ipermercato.

Si potrebbe continuare con il banco del mercato contadino di una azienda agricola modenese che per alcuni mesi vende quasi esclusivamente agrumi, non proprio la tipica produzione di questo territorio, mettendo ai margini del banco qualche fiacca patata di propria produzione.

Sono eccezioni? In Italia vige una normativa molto larga, che consente alle imprese agricole di vendere, in qualunque luogo anche prodotti altrui, con la sola condizione che per la maggior parte siano di produzione propria. Manca però l’obbligo di dichiarare al consumatore quali siano i prodotti di propria produzione, e da dove provengano gli altri.

Non è soltanto una questione di trasparenza verso il consumatore; difatti sui prodotti non propri dovrebbe essere emesso uno scontrino e dovrebbero essere pagate le imposte, cosa che non ci pare accada di frequente. Bisogna quindi diffidare di chi per mesi offre decine di diverse tipologie di prodotti, costantemente nel giusto grado di maturazione.

Bisogna diffidare di chi non dichiara esplicitamente che i prodotti sono di produzione propria, e non dichiara mai il luogo di provenienza dei prodotti acquistati altrove.

E poi c’è la questione prezzi, troppo spesso simili a quelli praticati nella distribuzione organizzata o nei negozi specializzati. I prezzi negli spacci contadini debbono essere necessariamente più ridotti, non essendo oggetto di tassazione. Prezzi che dovrebbero essere inferiori dal 30 al 50%, cosa che non accade quasi mai. Di questa situazione, della scarsa trasparenza, non soffrono soltanto i consumatori, ma anche i tanti contadini che in modo limpido vendono i prodotti che coltivano. Il vero Km 0 di prodotti ortofrutticoli si riconosce per la variabilità dei prodotti in vendita, per la loro assenza, persino per la chiusura dell’attività quando non ci sono prodotti da vendere.

Il tema che Federconsumatori pone non è quello di vietare la vendita di prodotti altrui negli spacci e nei mercati contadini, consentito dalla normativa. Chiediamo semplicemente che venga garantita la corretta informazione ai consumatori, indicando sempre con chiarezza quali prodotti sono di propria produzione e quali no. E su questi ultimi emettere scontrino e pagare le imposte, come tutti dovrebbero fare in questo paese.

(Dal sito Federconsumatrori Modena)

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