L’acqua italiana è di discreta qualità. Ma gli italiani ci credono poco. Almeno a giudicare dai numeri: il business delle acque in bottiglia non conosce crisi ma in questo periodo storico molti di noi si stanno, a ragione, facendo domande sul duturo del nostro ambiente e cosa è possibile fare per non inquinare ma allo stesso tempo fare attenzione alla salute.
Per quanto riguarda l’acqua, chi non opta per la “bottiglia” si affida sempre di più (grazie anche a tecniche di vendita a dir poco aggressive) a qualche sistema di depurazione o filtraggio domestico.
Si va dalle caraffe filtranti a dispositivi ben più invasivi e costosi, come quello a osmosi inversa, che possono arrivare a costare fino a 3mila euro.
Soldi ben spesi? È quanto ci siamo chiesti passando in rassegna i 5 metodi più utilizzati: di seguito le schede di pro e contro per ogni famiglia di apparecchi.
Caraffe filtranti
Pro: sono i sistemi di filtrazione dell’acqua più economici, dai 10 ai 40 euro. Utilizzano dei filtri a carbone attivo (in grado di trattenere il cloro e altre sostanze inquinanti) e una percentuale di resina a scambio ionico (che incide sulla durezza dell’acqua). Da questi punti di vista le caraffe filtranti sono utili anche se i benefici per la nostra salute non ci sono se non (ipoteticamente) nel lungo periodo. Nell’immediato, troviamo semplicemente il piacere di bere acqua più buona rispetto a quella che esce dal rubinetto.
Contro: il ristagno dell’acqua nella caraffa può originare una proliferazione batterica per questo alcuni filtri sono addizionati con composti a base di sale di argento che svolgono un’azione batteriostatica. Richiedono una manutenzione attenta e frequente in quanto il deterioramento del filtro a carbone attivo potrebbe rilasciare nell’acqua sostanze dannose, come l’ammonio e l’argento. Negli ultimi tempi sono finite nell’occhio del ciclone, accusate di impoverire eccessivamente l’acqua di calcio e magnesio, salutari per l’organismo umano e, al contrario, di innalzare eccessivamente i livelli di sodio e potassio.
Filtri a carbone attivo
Pro: sono utili in caso di acque dal forte sapore di cloro, usato nella fase di potabilizzazione in acquedotto per preservare l’acqua da eventuali contaminazioni durante il viaggio nelle tubature. Questi filtri trattengono il cloro e le sostanze clorate oltre che inquinanti organici come pesticidi e solventi industriali.
Contro: non eliminano batteri e nitrati e non agiscono sulla durezza dell’acqua. Le loro caratteristiche ne fanno un luogo di coltura per germi e batteri. Inoltre i loro pori sono così piccoli che bastano 150 metri cubi di acqua (il consumo annuo medio di una famiglia di 4 persone) per otturare il dispositivo: per questo richiedono un’attenta manutenzione e un ricambio frequente.
Addolcitori (filtri a scambio ionico)
Pro: agiscono sulla durezza dell’acqua in quanto trattengono il calcio e il magnesio. La loro funzione anticalcare è utile solo per gli elettrodomestici, in quanto un’acqua molto dura può dar luogo a incrostazioni delle tubature, ma non ha alcune effetto sulla salute. I sistemi di addolcimento più diffusi sono i dosatori a scambio ionico, filtri con speciali resine impregnate di ioni di sodio: al passaggio dell’acqua innescano un processo chimico che trattiene gli ioni di calcio e magnesio e rilascia gli ioni di sodio.
Contro: se l’acqua del rubinetto non è particolarmente dura, il filtro rischia di addolcire troppo l’acqua scendendo sotto il valore di durezza consigliato per legge (15°F). Attenzione: un’acqua molto addolcita rischia di corrodere le tubature per via del pH acido.
Microfiltrazione
Pro: è un sistema di filtraggio a sedimenti che non utilizza un particolare principio di funzionamento (scambio ionico o osmosi inversa) ma agisce come un colino che trattiene i microresidui solidi in sospensione nell’acqua, dal terriccio alle microparticelle di tubazione. L’acqua passa attraverso una membrana microporosa (in propilene o nylon) con diametro dei pori inferiore o uguale ai 50 microgrammi.
Contro: agisce solo come chiarificatore dell’acqua, ma non la tratta. Non è cioè in grado di trattenere i batteri, né di influire sul sapore di cloro né sulla durezza.
Osmosi inversa
Pro: sono tra i sistemi di filtrazione più usati e anche più costosi (intorno ai 3mila euro). Riescono a trattenere la maggior parte del contenuto salino dell’acqua: dal 90 al 99,9% di sostanze disciolte, compresi i nitrati. È solo nel caso di acque molto ricche di questi elementi che può aver senso l’uso di questi sistemi di filtraggio. La tecnica utilizzata è di tipo meccanico: l’acqua viene forzatamente condotta, alzandone la pressione, attraverso una membrana semipermeabile attraverso la quale riescono a passare solo alcune sostanze e in determinate quantità.
Contro: danno origine a un’acqua ultraleggera privata per la quasi totalità di minerali, praticamente distillata. Idonea per il ferro da stiro, ma non per essere bevuta. Inoltre c’è un problema di spreco. Questi apparecchi separano l’acqua in due flussi: da una parte viene indirizzata l’acqua purificata, dall’altra quella scartata (ricca di sali minerali), che è in quantità molto maggiore. Per ottenere un litro di acqua osmotizzata ne servono almeno 5.
(Credit Foto di coco parisienne da Pixabay)
S.M.