Nell’ambito della gestione delle proprie risorse economiche il consumatore deve anzitutto ben individuare l’ammontare di denaro utile e indispensabile per far fronte alle spese periodiche necessarie alla sussistenza.
Ove reddito e complessivo patrimonio del consumatore, al netto delle spese predette, gli consentano di disporre di somme ulteriori, questi potrà valutare se conservarle o se impiegarle con l’obiettivo di farle fruttare.
Anzitutto è bene distinguere tra risparmio ed investimento, sempre dal punto di vista della propensione al rischio, ovvero della minimizzazione del rischio.
Mentre l’investire comporta necessariamente scegliere e decidere, il risparmiare può invece consistere anche in un semplice non fare, non scegliere, accantonando progressivamente denaro non utilizzato:
nel primo caso le somme vengono messe in gioco acquistando strumenti finanziari la cui redditività è direttamente proporzionale alla rischiosità, nel secondo il denaro viene conservato per ogni evenienza, anche se a volte non con guadagno, bensì con costi (rappresentati anche solo dall’inflazione e dal costo della vita).
Va da sé che investire, in maniera ragionata e consapevole, significa perseguire un obiettivo di aumento delle proprie risorse sul medio-lungo periodo, mentre risparmiare risponde ad un solo fine: evitare difficoltà nel breve-medio periodo.
Alla luce di queste osservazioni meglio può comprendersi cosa si intende con investire i propri risparmi.
Il mero risparmio si esplica pertanto in azioni semplici, note e quotidiane, azioni che potremmo chiamare omissioni, consistenti nel non spendere acquistando beni o servizi oggettivamente superflui, nell’organizzarsi in modo tale da realizzare un’opera o svolgere un’attività da sé, senza cioè commissionarla a terzi né svolgerla presso spazi di terzi, a pagamento, nel rinunciare a determinate comodità o esperienze, nel rinvenire soluzioni/fornitori meno costosi per le proprie utenze: condotte tutte che fanno diminuire meno” l’ammontare del denaro presente sul proprio conto corrente.
Questi “risparmi” però non daranno frutti, perché nell’ambito di un rapporto di conto corrente bancario il consumatore deve anzitutto sostenere spese di gestione e tenuta, spesso addirittura superiori ai semplici interessi riconosciuti dall’istituto di credito in caso di saldo positivo: quanto guadagnato ed oculatamente conservato sarà a disposizione, per il futuro, del risparmiatore correntista.
Oggi, in una società basata sulla finanza, quindi forse sull’effimero, sulla prospettiva media di potersi “arricchire” solo rischiando, il concetto di risparmio viene diversamente recepito, per essere sostanzialmente inteso come investimento poco rischioso e con tassi di rendimento (o simili) fissi.
Tenendo in considerazione il “risparmio” in quanto tale, il consumatore dovrebbe anzitutto accuratamente verificare quali siano le specifiche condizioni contrattuali relative al conto corrente sul quale giacciono i propri risparmi, così da assicurarsi che le spese non superino il rendimento.
Alternativa al c/c è il libretto di risparmio, bancario o postale, l’uno con rendimenti superiori all’altro, sia pur entrambi tendenzialmente bassi: il denaro depositato potrà essere prelevato in qualsiasi momento, ma non si potrà “andare in rosso” come accade con un c/c con o senza fido.
E’ previsto il pagamento di un’imposta di bollo annuale
Oltre a queste modalità di conservazione dei propri risparmi con “guadagni” minimi, vi sono poi strumenti finanziari a basso rischio che, come osservato, nell’immaginario collettivo vengono ormai considerati forme di “risparmio”.
Nel settore postale abbiamo anzitutto i Buoni Fruttiferi Postali: a parte le note problematiche inerenti l’imposizione unilaterale da parte del Governo della modifica al ribasso dei tassi di rendimento, questione attinente solo a determinate serie di buoni non più acquistabili, non vi sono state ulteriori dinamiche anomale.
Esistono vari tipi di BFP, con durate e rendimenti diversi, ma che garantiscono tutti un “guadagno certo di entità prefissata”.
Poste Italiane, attraverso Bancoposta, a suo tempo divenne anche intermediario finanziario: non può sottacersi il fatto che Poste/Bancoposta, negli anni, ha offerto prodotti di investimento ai propri clienti riferendo che, “nella peggiore delle ipotesi, recupererà il capitale investito”. Peccato che le quote dei relativi Fondi si siano svalutate anche dell’83%!
In questocaso non venne ben illustrata ai clienti la vera natura del prodotto: fondi di investimento immobiliare/SGR, ovvero tra i più rischiosi sul mercato. Si osserva ciò per stimolare i consumatori a non accontentarsi della descrizione del prodotto come fornita verbalmente dal soggetto incaricato di venderlo, nella consapevolezza che Poste/Bancoposta è ente privato che, come gli istituti di credito, necessita di ottimizzare i propri bilanci, a volte non impiegando le trasparenza, perizia, diligenza e correttezza richieste dalla Legge, alla pari di altri intermediari.
Sempre Poste Italiane offre vari tipi di Piani di Accumulo, investimenti effettuabili anche pagando a rate, che si sostanziano in una polizza sulla vita, pertanto, vertendosi in tema assicurativo, un minimo “guadagno/rendimento” viene garantito, mentre l’ottenimento di somme ulteriori varierà a seconda dell’andamento del valore di altri prodotti che, a discrezione di Poste, verranno acquistati nell’ambito di una Gestione Separata.
Esistono anche strumenti finanziari che fanno capo a Poste Italiane, ovvero le “Obbligazioni Postali”: con esse, come con le obbligazioni/bond più in generale, il cliente concede materialmente un prestito che gli verrà restituito con interessi prefissati a scadenza e, a seconda della rischiosità, anche con somme aggiuntive: entriamo così nell’ambito dei veri e propri investimenti, la cui sicurezza è strettamente dipendente dal bizzarro e poco prevedibile mercato finanziario globale.
Entro la categoria in discorso, strumenti/prodotti finanziari, è ricompreso tutto ciò che non è mero risparmio: sono investimenti con cui, in sostanza, si mettono in gioco i propri risparmi. Anche solo guardando alle “obbligazioni”, riferendosi a quelle “subordinate” delle cd.
Bad Banks (B. Marche, B. P. Etruria e Lazio, C. Ferrara, C. Chieti, Veneto B., B. P. Vicenza), emerge come l’acquisto fosse stato caldeggiato dalle banche stesse, descrivendolo come uno con rischi minimi: e oggi solo l’introduzione di norme speciali che regolamentano un ristoro parziale ha impedito che gli investitori perdessero tutto.
Va precisato che al di fuori dell’ambito della mera conservazione dei denari risparmiati(ad es. tramite libretto di risparmio), in tutti gli altri casi i “risparmi” verranno investiti, uscendo dalla disponibilità del consumatore, per un periodo di tempo prestabilito e, ove li sivolesse recuperare prima, dovranno sostenersi determinate penali o perdite.
Rimanendo in tema di “investimenti”, notiamo come anche recentemente prosegua la, inqualche modo fuorviante, tendenza ad associarvi il termine “risparmio”: i PIR, Piani Individuali di Risparmio, prevedono si agevolazioni fiscali/detassazione per durata superiore ai 5 anni, ma a fronte di tale vantaggio il consumatore si sobbarca, più o meno consapevolmente, un vero e proprio rischio “medio-alto”. Infatti, come per tanti altri tipi di investimento, il capitale viene diretto verso una moltitudine di realtà finanziarie e societarie sulla cui identità il consumatore non ha potere di scelta. Nel caso del PIR gli enti hanno tendenzialmente sede legale nella stessa zona geografica: è agile comprendere che così facendo gli andamenti negativi dei mercati/del mondo del lavoro in quell’area coinvolgerà ed influenzerà il rendimento tutto, mentre se le aree geografiche fossero diverse, le perdite di una zona potrebbero essere compensate dai buoni risultati relativi ad altra zona.
Sono insomma strumenti indicati per investitori molto esperti, e di base, nonostante la denominazione, non utili a massimizzare i risparmi del consumatore medio.
I Fondi a Scadenza, purchè non parliamo come anticipato dei rischiosi Fondi SGR, garantiscono effettivamente il pagamento di una cedola, ma un tracollo diffuso può inficiarne la totale liquidità: in ogni caso, dato che sovente non viene menzionato e il consumatore letteralmente non lo percepisce, l’investimento è gravato da una “commissione di collocamento” più o meno alta, di cui sarà bene chiedere subito contezza.
Tornando ai “Buoni” troviamo i BTP (Buoni del Tesoro Poliennali) il cui rendimento prospettato è “sicuro”, sempre che il consumatore sia in grado di poter fare a meno di quelle somme sino alla scadenza prefissata, e che…lo Stato emittente non incorra in gravissimi problemi di solvibilità.
Altra modalità per vedere aumentare il proprio capitale è stata spacciata per “investimento”, mentre trattasi meramente di acquisto di beni (diamanti ad esempio), che comporta poi la necessità di rivederli al crescere del loro valore, dovendo però affidarsi a personale esperto del settore sia al fine di comprendere “quando” sarà conveniente vendere, sia per concretamente rinvenire un compratore nell’ambito di compravendite massive: questi beni infatti vengono venduti solitamente in massa.
Concludendo questa breve disamina descrittiva sul risparmio e su come massimizzarlo in sicurezza, si evidenzia la necessità/il dovere da parte del consumatore/investitore di ben comprendere la natura del prodotto e le condizioni specifiche dello stesso, tenendosi alla larga da strumenti che non conosce così come dall’investire in realtà societarie di cui non conosca esattamente la situazione economica finanziaria: in questo senso è suggeribile non investire in prodotti cosiddetti “strutturati”, la cui vantaggiosità dipenda cioè non dall’andamento di una singola azienda, bensì da quello di molteplici realtà aziendali e finanziarie, tra loro estranee e facenti pure capo a settori di mercato differenti. A volte neppure basta fidarsi ciecamente del proprio referente/intermediario professionale di fiducia.
Avv. Enrico Moretti
Foto di Gino Crescoli da Pixabay