L’Italia ha rischiato in questi giorni veder scomparire importanti sanzioni nell’ambito della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande.
Il 26 marzo, infatti è entrato in vigore il decreto legislativo 27/2021 (in recepimento del regolamento UE 2017/625), che nei fatti abrogava la legge 283/62 che disciplinava tali misure, seppure con sanzioni a nostro avviso insufficienti a contrastare questi gravi reati.
In un Paese che fa dell’eccellenza alimentare, della qualità e del made in Italy un suo tratto distintivo e un motivo di vanto in tutto il mondo è un vero paradosso. Non essendoci più un reale deterrente in grado di arginare la distribuzione e la commercializzazione di alimenti alterati o in cattivo stato di conservazione, i cittadini sarebbero diventati bersaglio di illeciti in campo alimentare, non essendoci più un reale deterrente in grado di arginare la distribuzione e la commercializzazione di alimenti alterati o in cattivo stato di conservazione.
Fenomeni che sono tutt’altro che in via di diminuzione: secondo l’ultimo rapporto annuale del RASFF (il Sistema di allerta rapido per alimenti e mangimi sviluppato in ambito europeo) nel 2019 sono state trasmesse 4.000 notifiche (il numero più alto degli ultimi vent’anni) di cui 3.506 riguardanti l’alimentazione umana. L’Italia è al quarto posto per numero di notifiche al sistema RASFF nel 2019 (377), dopo Germania (534), Regno Unito (387) e Olanda (378).
Di fronte alle proteste e alle denunce giunte per questa grave minaccia nella serata di venerdì 19 marzo il consiglio dei ministri ha approvato un decreto-legge che introduce misure urgenti sulla disciplina sanzionatoria in materia di sicurezza alimentare che era stata azzerata dal decreto legislativo 27 del 2 febbraio 2021. In parole povere il decreto legge ripristina le sanzioni previste dalla legge 283/1962 appena abrogato
“Le norme introdotte hanno lo scopo di evitare un effetto abrogativo di tutte le disposizioni sanzionatorie di carattere penale e amministrativo di cui alla legge 30 aprile 1962, n. 283, realizzato con il decreto legislativo 2 febbraio 2021, n. 27, nonché di alcuni articoli del decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 1980, n. 327, in materia di disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande.” – recita il comunicato stampa diffuso a seguito del CDM.
Tutto bene quel che finisce bene, quindi? Non proprio. Infatti, non è affatto rassicurante, per i cittadini, sapere che in una materia così delicata, importante e vitale basti una “svista” per cancellare importanti misure di tutela, senza che né le associazioni di difesa dei consumatori né quelle dei produttori siano interpellate preventivamente sulla questione.
Per evitare che in futuro accadano episodi simili e per promuovere norme sempre più attente alla salute dei cittadini e alla qualità delle produzioni, chiediamo al governo di istituire al più presto un tavolo sulla sicurezza alimentare che veda come protagonisti le associazioni dei consumatori, da sempre impegnate nella difesa dei diritti dei cittadini in tale ambito, i produttori e i principali operatori della filiera agroalimentare. Attraverso tale strumento potremo far sentire con più fermezza la nostra voce, per contrastare anche la tendenza, assunta ormai da anni in Europa, a privilegiare una omologazione verso il basso dal punto di vista qualitativo e della trasparenza, in nome di accordi extrauropei e convenienze economiche.
S.M